Piani di previdenza (PIP) o fondi aperti (FPA), come orientarsi?

PIP

E siamo giunti anche quest’anno in quel periodo dell’anno in cui cominciamo a pensare al nostro futuro e al nostro “buen retiro”. O, forse molto più prosaicamente, siamo giunti in quel periodo dell’anno in cui cominciamo a pensare come ridurre la base imponibile del nostro reddito.

Sia come sia, è questo il momento in cui molti clienti, che hanno un rapporto solido con un intermediario di fiducia, pongono la fatidica domanda:

“Esiste ancora qualcosa che posso scaricare “?

Tradotto in linguaggio più formale:

“Il mercato finanziario e/o assicurativo prevede ancora degli strumenti che mi permettano di ridurre il mio reddito imponibile”

La risposta è, ovviamente, sì.

Ed è altrettanto evidente che il problema è quasi sempre posto come una mera questione di agevolazione fiscale piuttosto che come visione e soluzione di un problema futuro che, probabilmente, diverrà evidente quando sarà tardi, ovvero il gap previdenziale (QUI per approfondire).

Senza voler approfondire gli aspetti psicologici, sociologici e culturali di tale evidenza mi soffermerò brevemente sui due strumenti principali ed accessibili a tutti che permettono di dare una risposta a questa domanda.

Nello specifico sto parlando dei PIP (Piani individuali pensionistici) e dei FPA (Fondi pensione aperti). La differenza tra i due strumenti consta essenzialmente in due aspetti:

  • Chi può istituirli;
  • Chi può aderivi.

I Fondi Pensione Aperti o non negoziali sono costituiti da Banche, Imprese assicurative e altre entità finanziarie. Sono patrimoni autonomi e separati dal resto delle masse gestite dalla società che li istituisce. Chiunque, indipendentemente dalla situazione lavorativa (o non lavorativa) può aderirvi.

I PIP, sono, specificatamente dei contratti di assicurazione sulla vita (tradizionali a gestione separata, unit linked – ovvero legati a fondi), o ancora misti (un po’ di una specie un po’ dell’altra), la cui adesione è possibile per qualsiasi soggetto a prescindere dall’attività lavorativa svolta. Ne parlavamo sul blog in QUESTO articolo.

In entrambi gli strumenti il capitale versato dall’aderente costituisce un patrimonio separato dall’attività della società che lo gestisce. Ciò costituisce un’importante forma di tutela per gli aderenti. Infatti, i premi che vengono versati sono immuni a eventuali tentativi di aggressione da parte dei creditori e dai rischi di default del soggetto gestore.

La differenza sostanziale tra le due forme è, essenzialmente, il fatto che i PiP possono essere istituiti esclusivamente dalle Compagnie di assicurazione e hanno la forma contrattuale della polizza vita.

In linea generale i costi (caricamenti) applicati sui dei PIP risultano maggiori rispetto ai Fondi aperti, attenzione quindi a verificare quanto dell’importo annualmente versato vada effettivamente destinato ad accumulo e quanto invece viene eroso dai costi.

Per tutti gli altri aspetti funzionano esattamente allo stesso modo.

Ovvero:

  • I denari accumulati possono essere ottenuti esclusivamente, quando si raggiungono i requisiti per poter ottenere pensione pubblica;
  • La prestazione maturata può essere erogata in una delle seguenti modalità:
    1. Il capitale viene integralmente convertito in rendita;
    2. Il capitale viene liquidato per un 50% in un’unica soluzione e l’ulteriore 50% convertito in rendita;
    3. l’intero capitale accumulato può essere liquidato al 100% in unica soluzione se e solo se la rendita che si ottiene è inferiore ad un determinato ammontare parametrato all’assegno sociale INPS;
  • Nel corso del contatto possono essere richieste della anticipazioni, esclusivamente decorsi 8 anni dall’adesione per determinate e specifiche fattispecie (come l’acquisto della prima casa per se o per i figli, motivi di salute ed altro), e per predeterminate quote di capitale accumulato (che vanno dal 30% al 75%)

E dal punto di vista fiscale?

Per entrambi gli strumenti è possibile dedurre fino a 5.164,72. € del reddito dichiarato ai fini IRPEF.

Ovvero?

Un paio di esempi possono chiarire la questione meglio di qualsiasi parola.

Giacomo, 56 anni è un professionista con un reddito annuo imponibile di 70.000,00 €. Decide di aderire ad un FPA versando 5.000,00 €. Il suo nuovo reddito imponibile sarà pari a 65.000,00 € e il risparmio fiscale istantaneo è pari al 41% ovvero a 2.050,00 € corrispondente alla aliquota IRPEF che avrebbe pagato per quei 5.000,00 € che invece ha accantonato.

Inoltre, nel momento in cui andrà a ritirare il capitale maturato, (non prima di aver raggiunto i requisiti per la pensione) pagherà al massimo il 15% di imposte dirette sul capitale versato, con un risparmio in percentuale diretto pari al 26% ovvero 1.300,00 €.

Questa banale semplificazione non tiene conto di eventuali rendimenti finanziari, proprio per non complicare la simulazione e per far comprendere in modo chiaro il meccanismo della deduzione.

Faccio ora un altro esempio per introdurre atri due aspetti fondamentali.

Paolo, 40 anni, imprenditore, reddito annuo 50.000,00 € versa 3000,00 € in un PIP che ha aperto 10 anni fa. Oltre al risparmio fiscale del 38% (ovvero 1.050,00 €) sa, per certo, che quando raggiungerà i requisiti “naturali” per poter accedere alla pensione pagherà solamente il 9,00% sul versato.

Come mai?

La risposta è insita nella struttura della tassazione del PIP (o del FPA). Di base ammonta al 15%, ma questo ammontare si riduce dello 0,3% per ogni anno eccedente il 15 esimo e fino al 35 esimo, ovvero 0,3*20= 6 quindi 15 – 6 = 9. Avvedo Paolo iniziato a versare a 30 anni ed ipotizzando di raggiungere i requisiti pensionistici non prima dei 65 anni, il calcolo di Paolo è quindi corretto. In termini assoluti sui 3.000,00 € versati avrà ottenuto un risparmio fiscale di 870,00 €.

È quindi evidente non è solo una questione legata a quanti soldi versare ma assume un carattere piuttosto importante anche il tempo.

Ovvero, prima aderisco ad una forma previdenziale integrativa più massimizzo le prestazioni dello strumento. Questa ultimo punto riguarda strettamente anche l’aspetto rivalutativo della prestazione….ma mi dilungherei troppo e il mio obiettivo è stato quello di rendere evidente la questione deduttiva per rispondere in modo esaustivo ed una volta per tutte (!) alla cruciale domanda:

“Esiste ancora qualcosa che posso scaricare ?”

Luca Cividino

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