Gestione del rischio o strategia del tacchino: tu che imprenditore sei?

Nella nutrita platea dei medi e piccoli imprenditori, le cui aziende costituiscono a larga maggioranza il tessuto produttivo italiano, è possibile imbattersi in varietà di pensiero molto diverse tra loro a proposito dei “rischi” e della loro gestione.

Voglio partire da un presupposto: in quest’ambito di analisi l’unico interlocutore che conosce davvero la propria impresa, è proprio colui che l’ha creata e che ogni giorno la guida. Come accade nella conduzione di un veicolo, il conducente non può esimersi dal verificare/sondare in ogni momento del tragitto i rischi che gli si fanno incontro. Se un bambino attraversa la strada, dovrò rallentare bruscamente; se un vigile urbano fa cenno di sgombrare velocemente la carreggiata, dovrò improvvisamente premere l’acceleratore. E nell’impresa?

L’azienda è un meccanismo complesso ove la qualità delle risorse umane applicata all’efficienza dei processi e dei modelli organizzativi sfocia nel fornire concretezza alle dinamiche di creazione del valore che l’imprenditore ha immaginato nella propria “vision”. Tutto bellissimo. Se non fosse che ogni giorno tale delicato equilibrio viene minato da fattori interni o esterni aventi una certa probabilità di modificarlo, economicamente – in meglio o in peggio.

Come rispondere a questa sfida?

Nell’esperienza quotidiana è possibile individuare 3 correnti di pensiero dominanti:

  1. Abbiamo sempre fatto cosi, e non è mai successo nulla (detta anche “l’anticamera del burrone”)
  2. Ho un assicuratore con prezzi bomba
  3. Voglio crescere e migliorare con consapevolezza: raccontami le opportunità in gioco

Vediamole nel dettaglio.

Abbiamo sempre fatto cosi, e non è mai successo nulla

Questa scuola di pensiero (e i suoi effetti nefasti a lungo termine) sono splendidamente sintetizzati nella storia del “tacchino induttivista di Russel”, riportata anche dal noto saggista N. Taleb. La storia è la seguente:

Un tacchino osservò che gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. Questo fatto accadeva in ogni circostanza: di lunedi e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più disparate. Finché elaborò un’inferenza precisa: “Mi danno sempre il cibo e sempre alle 9 del mattino”. (Tradotto: abbiamo sempre fatto cosi). Alla vigilia del giorno del ringraziamento, al povero tacchino accadde una cosa imprevista. Fine della storia.”

Morale: la fiducia del tacchino si è rafforzata con il crescere dei pasti amichevoli, e questo senso di sicurezza ha raggiunto il massimo proprio nel momento in cui il rischio era maggiore.

Dato questo pensare, sarebbe stato in qualche modo producente avventurarsi col “tacchino” in una discussione riguardo ai rischi che correva? A voi la risposta.

Ho un assicuratore con prezzi bomba

E come tutte le bombe, è fatta prima o poi per esplodere! Qui saliamo leggermente di livello, in quanto l’interlocutore accetta il confronto professionale, tuttavia lo identifica e qualifica in una sorta di trattativa da mercato rionale.

Ed è normale, vorrei aggiungere. I margini operativi di molte aziende percorrono spazi di manovra strettissimi e anche uno scostamento minimo in più o in meno possono valere, a lungo respiro, la vita o la chiusura dell’azienda. Ma qui parliamo di rischi operativi/strategici, commisurati a ben precise condizioni di mercato e nelle quali i segni che il rischio porta con sé sono due: più e meno.

Queste dinamiche, correttamente installate nel “software” dell’imprenditore, lo portano ad applicare la stessa soluzione per problemi diversi, generando quel “bias” cognitivo che diventa fumo negli occhi. E si finisce per raschiare il prezzo della polizza, come se questa potesse essere l’unica soluzione al rischio e come se strizzandola all’osso si fosse raggiunto qualche risultato. Teniamo presente che un programma assicurativo completo di una PMI può valere (mediamente) uno 0,5/0,8% del suo fatturato annuo.

Questa potremmo definirla, con una storpiatura inelegante, la gestione del “raschio”. Ovvero limare il prezzo del contratto assicurativo perché è l’unica cosa che si comprende. Risultato: può andar bene o può andar male. Insomma: roulette russa.

Voglio crescere e migliorare con consapevolezza: raccontami le opportunità in gioco

Ci siamo: l’atteggiamento che paga sempre è la consapevolezza. Le responsabilità degli imprenditori/amministratori si sono fortemente acuite negli ultimi 20 anni, a partire dalla riforma del diritto societario del 2003 sino al codice della crisi d’impresa. Quest’ultimo ha inserito nel nostro ordinamento un comma all’art. 2086 c.c. che cita testualmente: “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Non parliamo più di “se” o di “ma”, parliamo di dovere imposto dalla legge.

  • Sottoscrivere un contratto assicurativo, per quanto buono, è un modello organizzativo? No.
  • Ritenere di essere assicurati bene è un modello organizzativo? No.
  • Gestire i rischi affrontandoli di volta in volta quando si presentano è un modello organizzativo? No.

Il modo migliore per poter tenere sotto controllo in modo strutturato i rischi è creare una mappatura e un modello di trasferimento congruo. Oggi esiste lo strumento adatto per farlo, studiato appositamente per la PMI e in grado di efficientare il flusso operativo di gestione, guidandoti con consapevolezza nelle scelte e ottimizzando nel contempo l’aspetto economico: Risk Detector.

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Nicola Massagrande