Bancassicurazione, un fenomeno in rapida evoluzione

Il termine bancassicurazione deriva dal neologismo francese “bancassurance”, del quale ne è la traduzione in lingua italiana. Tale termine viene comunemente identificato come il fenomeno di vendita di polizze assicurative attraverso il canale bancario. Già dalla seconda metà degli anni ’80 il modello faceva la sua comparsa come strumento complementare alla vendita di prodotti bancari, quindi incentrato sui rami vita. Il classico esempio è il cliente che contrae un mutuo, per la cui esposizione l’istituto bancario richiede una copertura sulla vita per tutelare il contraente (e sé stessa) dal rischio di un eventuale decesso – e quindi dall’impossibilità sopravvenuta per costui di onorare il debito residuo in quel dato momento.

Le polizze vita, caratterizzate al tempo da una regolamentazione ancora imperfetta e non matura, da regole commerciali estremamente aggressive e da clienti catturati allo sportello per una vendita impostata come “diversivo” finanziario alla noiosa giacenza in conto corrente, hanno rappresentato una fetta sempre più considerevole nella torta dei ricavi delle banche.

Nei tempi recenti, con lo stravolgimento degli assetti finanziari e distributivi dovuto principalmente a crisi economica e discipline di solvibilità patrimoniale (vedi le varie normative “Basilea”), le banche hanno ampliato la loro offerta spostando il focus su canali paralleli e, almeno in apparenza, più redditizi.

L’assicurazione rientra certamente tra i protagonisti di questo nuovo processo, protendendo il modello della bancassicurazione verso una nuova spinta commerciale giustificata da una richiesta di redditività non più procastinabile.

Perché la banca non fa “solo” la banca?

Come riporta un articolo del IlSole24ore del 11.01.19: “Nei piani industriali delle banche italiane una parola ricorre insistente negli ultimi mesi. È il termine “protezione”. Descritta, di volta in volta, come «un bisogno comune delle famiglie», un’«esigenza di larga parte dei clienti», un’«opportunità di crescita» per lo stesso istituto bancario. Protezione è voce che tradizionalmente si addice al lessico dell’assicurazione. La sua presenza in ambito bancario è indice di una trasformazione in atto nella società italiana e nel comparto del Credito. A fronte di un progressivo arretramento dello Stato, cresce infatti la domanda di protezione da parte delle famiglie. Ma ad essa non corrisponde un’analoga offerta assicurativa. È come se esistesse un divario tra i bisogni di famiglie e imprese e i prodotti assicurativi tradizionali. Questa distanza apre uno spazio di opportunità per i player attivi nel settore della Bancassicurazione, ma per essere sfruttato richiede, come si vedrà, un radicale cambio di modello di servizio.”

Volendo confutare almeno in parte la tesi espressa nell’estratto dell’articolo proposto non è esatto imputare all’arretramento delle politiche di welfare statale il divario tra i bisogni e le reali coperture degli italiani. In altre parole la sottoassicurazione cronica italiana è frutto di un approccio culturale duro a scardinarsi, più che di una contingente “coperta corta” improvvisamente espostasi al mercato in tutta la propria triste evidenza. Vista sotto questa luce appare chiaro come le opportunità di colmare ciò che l’industria bancaria (si badi: non quella assicurativa) definisce impropriamente “deficit di protezione”  si rivelano in misura preponderante ghiotte occasioni di ripianare bilanci, più che vera innovazione di settore. A tal proposito è notizia recente (marzo 2020) la maxi sanzione da oltre 20 milioni di Euro inflitta dall’Antitrust ad Unicredit, Bnl, Intesa San Paolo e Ubi banca per pratiche commerciali scorrette legate alla vendita di polizze assicurative abbinate ai mutui (QUI da “IlSole24ore”)

Per renderci conto di ciò, prendiamo in analisi il settore immobiliare; sono decenni che gli istituti bancari propongono o richiedono servizi assicurativi a corredo di contratti di finanziamento, come si diceva nell’introduzione. Peccato che non fosse cosi raro, e ancora oggi accade, trovarsi di fronte a polizze emesse in banca ove la somma assicurata contemplava anche il valore del terreno, notoriamente escluso.

Ecco che sfugge la dinamica con la quale tali gap dovrebbero essere colmati: caricando i clienti di contratti o effettuando vera consulenza?

Caratteristiche di un nuovo modello distributivo

Per quale motivo acquistare una copertura in banca o alle poste dovrebbe dimostrarsi penalizzante per il consumatore e/o il cliente professionale? Ecco alcune caratteristiche che devono contraddistinguere un acquisto consapevole ed informato di una polizza assicurativa (anche e soprattutto alla luce della nuova direttiva I..D.D. – Direttiva (UE) n. 2016/97, recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 68, che ha modificato il Codice delle Assicurazioni Private (d.lgs. n. 209/2005).

Esigenze Condivisione delle necessità/esigenze specifiche
Valutazione sulla possibilità/convenienza dello strumento assicurativo
Confronto sul mercato al fine di recepire le migliori condizioni
Consulenza in merito alla nuova situazione assicurativa complessiva creatasi
Emissione del contratto e gestione dei rinnovi
Gestione dei sinistri e dei danni occorsi, incarichi peritali di parte, liquidazioni ecc..
Verifica, aggiornamento e modifiche delle coperture a periodicità almeno annuale

Accade spesso che l’interlocutore bancario coglie l’opportunità di vendita conoscendo solo in parte le reali dinamiche di un contratto assicurativo, ignorandone le conseguenze e non comprendendo le reali attività post- vendita connesse a tale attività.

Hai sottoscritto per la tua impresa contratti assicurativi con banche o intermediari finanziari ma non ne conosci il contenuto, i costi e le coperture? Risk Detector è lo strumento ideale per confrontarli con le tue reali esigenze!

Tuttavia i piani industriali non si fermano. Afferma l’A.d. di Intesa San Paolo: “In questo contesto – ha evidenziato Fioravanti –  il Gruppo Intesa Sanpaolo si è dato obiettivi di crescita sfidanti con il nuovo Piano d’Impresa 2018-2021: diventare una delle prime quattro compagnie assicurative nel ramo danni in Italia e la prima per i prodotti non motor dedicati alla clientela retail. I prossimi anni ci vedranno, quindi, diventare sempre più un player di riferimento nel nostro Paese, mentre Torino diventerà la sede ed il motore dell’attività di Protezione”. Fonte: “intermedia channel”.

Quali sono dunque le colonne portanti ove poggia il recente successo di questo modello? Sostanzialmente 3:

  1. Analizzando il mercato assicurativo, tradizionalmente di offerta più che di domanda, si sta cercando da parte degli istituti di capitalizzare in primis l’asset principale: le reti fisiche presenti sul territorio. Ecco che sportelli un tempo dedicati ad attività di intermediazione bancaria pura (gestione movimenti di cassa, bonifici, prelievi, ecc…) si stanno trasformando in assai più redditizie “bocche di fuoco” commerciali per introdurre nell’offerta servizi assicurativi a basso valore consulenziale.
  2. Un altro asset è rappresentato dai nuovi media digitali e servizi online che da un lato hanno inglobato i servizi alla clientela di basso valore aggiunto (quelle che si facevano un tempo in coda allo sportello, per intenderci) dall’altro hanno spianato la strada a strategie commerciali innovative e penetranti un pubblico poco avvezzo, in quanto poco sollecitato dagli omologhi player assicurativi tradizionali.
  3. Non si può tralasciare, infine, lo sfruttamento dei dati e delle informazioni già a disposizione, a vario titolo, delle banche per filtrare e segmentare la clientela in target specifici per poi costruire attorno a precise e soggettive esigenze delle offerte a pacchetto.

Questo panorama, che a quanto visto finora sembra rose e fiori, non è privo di insidie e soprattutto non è privo di importanti investimenti. Integrare una relazione che prevede Banca e Assicurazione a braccetto in un comune obbiettivo non è certo a costo zero. Oltre all’impegno reciproco e al comune intento di redditività nei rispettivi piani industriali sono necessari investimenti importanti sul lungo termine (quindi più rischiosi) e la volontà di mettere in comune piattaforme, dati, strutture formative ecc.

Come si accennava, l’aspetto che più fa riflettere è la sostenibilità a lungo termine di un business basato non più solo sul ramo vita (caratterizzato da indici di sinistri/premi consolidati e attuarialmente “stabile”, e comunque legato in larga misura al mondo finanziario) ma anche sul ramo danni, che possiede dinamiche completamente diverse. Se è vero infatti che l’esperienza del partner assicurativo dovrebbe sopperire a questi possibili “errori di gioventù”, non sarebbe né la prima né certamente l’ultima volta che si assistono a clamorosi dietrofront commerciali per aver assunto rischi non idonei o “cattivi” da un punto di vista reddituale. I prodotti a “pacchetto” costituiscono una garanzia in tal senso: non potendo andare oltre quanto imposto dallo schema di tariffazione e dalle garanzie tabellate sarà possibile restare nell’ambito della quasi certezza.

Cosa molto diversa appare la vendita di prodotti assicurativi abbinati a una consulenza specifica, ove fatta salva la qualità della consulenza stessa, emergono necessità di personalizzazione delle coperture gestibili solo attraverso opportune modifiche di testi e condizioni di polizza.

Nicola Massagrande