Copertura per il prodotto difettoso: come funziona?

In un mercato sempre più globalizzato le opportunità di business che si delineano all’orizzonte sono decisamente invitanti. L’azienda che ripone nell’esportazione e nella ricerca di nuovi mercati il proprio obbiettivo di crescita porge nello stesso tempo il fianco a tutta un serie di nuovi rischi; è anche in questo contesto che la copertura assicurativa per danni da prodotto difettoso trova la propria ragion d’essere.

La polizza di responsabilità civile del prodotto offre una tutela grazie alla quale è possibile risarcire eventuali terzi danneggiati a seguito di evento dannoso provocato da difetto del prodotto posto in commercio.

Ma come viene definito il “prodotto” nel contratto assicurativo? A seconda di come viene scritto il testo di polizza, questo si può identificare, oltre che nel prodotto materialmente inteso come ogni bene mobile, anche nelle istruzioni per l’uso applicate, nei manuali di utilizzo (attenzione alle traduzioni) allegati e nelle operazioni di montaggio ed installazione.

I presupposti affinché la copertura possa operare sono:

  • Il prodotto deve essere stato posto in circolazione (ovvero l’utilizzatore ne è entrato in possesso);
  • L’evento dannoso deve riferirsi a danni a cose o persone, escluso quindi ogni danno inerente la non idoneità del prodotto alle specifiche richieste o difetti di prestazione (insiti nel rischio proprio d’impresa);
  • L’azienda deve rivestire la qualifica di “produttore”;
  • L’evento dannoso deve essere accidentale (leggi “non doloso”)

La richiesta di risarcimento deve pervenire durante la validità del contratto assicurativo. (c.d. clausola Claims made della quale parleremo in un prossimo articolo). Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato messo in commercio in qualunque tempo.

Attenzione: le aziende che importano prodotti provenienti da paesi fuori dallo spazio economico europeo sono da considerarsi a tutti gli effetti ai sensi di legge come “produttori” del bene stesso.

Quali sono i principali fattori di rischio per l’azienda?

  • La tipologia di clientela;
  • La geografia dei mercati di riferimento;
  • Il settore merceologico di appartenenza;
  • La complessità del prodotto e le certificazioni di qualità.

Vediamo di approfondire i vari punti:

Tipologia di clientela: prima, importantissima, distinzione: siamo in ambito B2B o B2C? Ovvero, il mio cliente è un’altra azienda alla quale fornisco un semilavorato o un componente o è direttamente il consumatore? Come è noto il consumatore, ovvero colui che acquista il prodotto fuori da ogni contesto professionale, ha dalla propria il c.d. Codice del Consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206) che pone sul produttore una responsabilità oggettiva per eventuali danni cagionati da difetto del prodotto. Il danneggiato quindi deve solo provare il difetto, il danno, e la connessione causale tra difetto e danno. Secondo: i miei clienti appartengono a fasce di popolazione particolari? Ad esempio: prodotti per bambini, per disabili, per anziani. In questo caso il livello di sicurezza richiesto dal prodotto è maggiore e più alti sono i rischi connessi ad un eventuale difetto del mio prodotto.

La geografia dei mercati di riferimento: dove vengono esportati i prodotti? In quale parte del mondo? Quali normative incontrano entrando in un paese diverso? Certamente la cosa diventa di estrema complessità, ma possiamo certamente affermare che l’aspetto più critico riguarda la c.d. zona NAFTA, ovvero U.S.A., Canada e Messico. Questi tre paesi , infatti , hanno siglato il 1° gennaio del 1994 l’accordo nordamericano di libero scambio (NAFTA ) coinvolgendo oltre 370 milioni di persone. Assicurativamente parlando, in virtù di questo accordo, l’immissione di prodotti nei mercati canadese o messicano si considera convenzionalmente come avvenuta nel territorio degli Stati Uniti d’America. La normativa U.S.A. risulta davvero delicata per vari motivi:

  • Giurie popolari che valutano le responsabilità a carico dei produttori
  • “Protezionismo” cronico verso i produttori nazionali, che pongono quindi una diffidenza di base nei confronti di aziende estere;
  • Possibilità di infliggere danni punitivi, in aggiunta al mero risarcimento del danno

Il settore merceologico di riferimento: i settori più critici sono ad oggi quelli connessi all’automotive (vera categoria a sé stante), al farmaceutico e medicale e all’alimentare. Questo in linea generale. Il mercato è infatti soggetto a variazioni importanti del costo delle coperture in virtù degli avvenimenti che ogni giorno accadono nel mondo. La cosa più importante è capire le dinamiche soggettive del prodotto, se è un componente scindibile o inscindibile di altri prodotti, se deve rispondere a standard di qualità da parte del committente, se deve esserne autorizzata la messa in circolazione da qualche Autorità.

La complessità del prodotto: nella valutazione può venire in aiuto un’eventuale certificazione di qualità del processo produttivo (ISO 9001:2015).

Per poter formalizzare tutte queste informazioni sono a disposizione specifici questionari che guidano l’imprenditore, supportato da un consulente preparato, a riflettere sul rischio ed a fornire completezza per un riscontro efficace.

Nel prossimo futuro, per relazionarsi con i mercati esteri che amano il nostro made in Italy, sarà fondamentale valutare una copertura R.c. prodotti adeguata per i prodotti messi in circolazione, sfruttando cosi le occasioni di business che il mondo di oggi può offrire.

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