Il sociologo tedesco Ulrich Beck teorico della Società del Rischio (1), recentemente scomparso, affermerebbe che gli è successa l’unica cosa certa del corso di una vita di un essere umano. La morte. Tutto il resto appartiene alla sfera del non certo e del non noto. Ovvero, del “Rischio”.
Ma cosa sono i rischi? O meglio da cosa si differenzia il concetto di società del rischio dalla definizione di rischio prettamente assicurativa?
Partiamo dal concetto di base di rischio dal punto di vista assicurativo. Il termine di rischio si riferisce alla probabilità, statisticamente valutabile, che si verifichi un evento temuto.
Se analizzassimo semanticamente la frase sopra riportata gli elementi chiave sarebbero: “probabilità” ed “evento temuto”.
Ma questi due elementi come si combinano nelle società contemporanee?
Il concetto di rischio è solo connesso ad un “evento temuto” o è strutturale?
La soluzione, al solito, appare la meno ovvia.
I processi di modernizzazione economici e tecnologici hanno fatto emergere una serie di “incertezze” del tutto inedite che risultano centrali nell’evoluzione delle società contemporanee e che dobbiamo imparare a gestire. Sia come professionisti nella gestione dei “rischi” sia come appartenenti a questo mondo.
Il punto cruciale che ben aveva intuito Beck già nella metà degli anni ’80 è che la nostra società, la nostra economia, il nostro modo di lavorare e comunicare sarebbe mutato in modo profondo a partire da li a poco e sarebbe stato sempre più difficile e rischioso gestire le nuove sfide che sono emerse. Negli ultimi 30 anni i cambiamenti geopolitici (si pensi alla caduta del muro di Berlino) la globalizzazione, i nuovi fenomeni migratori, le nuove tecnologie, le nuove forme del lavoro e l’elenco potrebbe continuare ancora, hanno trasformato (a volte sfigurato) il nostro modo di agire e le nostre istituzioni. Ampliando in modo profondo il nostro gap tra informazione ed azione.
I rischi che oggi dobbiamo imparare a gestire, come esseri umani, imprenditori e professionisti si basano sempre più su un’asimmetria informativa in continua crescita.
Cerco di spiegarmi meglio: in una società più semplice ed ordinata come quelle storicamente conosciute fino agli anni ’70 in cui chiare erano le divisioni sociali, i ruoli, le professionalità e i fini (ad esempio la produzione per il profitto) la lettura del circostante (e conseguentemente del sé) appariva più chiara, lineare e causale.
Ora tutto questo è diventato più fluido, o come direbbe un altro acuto osservatore della società contemporanea, Zygmunt Bauman (2; 3) pure lui recentemente scomparso, più liquido. Le varie flessibilità, i mutamenti, la mancanza di certezze nel futuro e la necessità di essere sempre “connessi” in un mondo tecnologicamente invadente, disarma l’individuo e lo espone a rischi estremamente complessi e ingestibili dal singolo. Il problema oggi non è più (o solo) la redistribuzione della ricchezza ma è quello della redistribuzione del “rischio”.
Per questo motivo diventa indispensabile accettare sempre più situazioni che non possiamo controllare ed è necessario affidarsi a “sistemi esperti” cui, inevitabilmente, cediamo la nostra fiducia (4).
Oggi più che mai possiamo comprendere e gestire direttamente una minima parte del nostro quotidiano per il resto dobbiamo affidarci a qualcuno di esperto e professionale.
Gli esempi si possono sprecare, quando andiamo in aereo dobbiamo necessariamente fidarci del pilota, quando andiamo ad un bancomat dobbiamo necessariamente fidarci del sistema che ci darà i nostri soldi.
La cosa diventa piuttosto evidente quando qualcosa non funziona. Infatti è lì che emerge con tutta la sua violenza, con tutta la sua carica di asimmetria, la totale e completa sensazione di non controllo. E la completa alienazione dell’individuo contemporaneo che ad oggi, controlla in modo esaustivo (ancora per poco) le proprie funzioni fisiologiche o poco più. Tutto il resto dipende da altro. Da sistemi cui abbiamo dato fiducia. Ecco il rischio.
Concludendo questa breve ed intensa disamina sui “Rischi”, abbiamo compreso che saranno sempre maggiori, più subdoli e sottotraccia.
Dobbiamo “solo” imparare a gestirli.
Bibliografia:
(1) Beck Ulrich, La Società del Rischio. Verso una seconda modernità, Carocci, 2000 (1986)
(2) Bauman Zygmunt, Amore Liquido, Laterza, 2003
(3) Bauman Zygmunt, Vita Liquida, Laterza, 2005
(4) Giddens Anthony, Le conseguenze della Modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo, Il Mulino, 1994 (1990)
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