20 Luglio 1969: la gestione del rischio arriva sulla luna
Il 20 luglio 1969, esattamente alle 20:17:40 UTC, l’uomo mise piede per la prima volta sul suolo lunare, in questi giorni festeggiamo quindi i 50 anni da quel momento magico, storico e indelebile nei ricordi di chi ha potuto gustare quell’emozione e vivere quella sensazione di apparente onnipotenza dinnanzi all’universo.
In una missione delicata e al limite della tecnologia dell’epoca non era certo possibile una seconda opportunità; se le cose fossero andate male ben poco si poteva fare per salvare la vita degli astronauti.
Il “rischio” rappresentava quindi nello stesso momento croce e delizia per gli occhi del mondo intero.
Sognare ad occhi aperti non basta
Definire il rischio come un’opportunità sembra folle o paradossale; il rischio è associato spesso a dinamiche di perdita, danno, mancato obbiettivo. Ma chi ha sognato lo sbarco sulla luna nei primi anni ’60 conosceva il segreto per trasformare un’apparente fattore sfavorevole in una fantastica arma a propria disposizione verso l’obbiettivo: imbrigliare il rischio!.
Secondo lo schema ISO 31000 il rischio si definisce come “l’effetto dell’incertezza sugli obbiettivi”. Detto cosi sembra sterile, freddo, sintetico, senza collegamento con la realtà, ed infatti la maggior parte di noi se ne sta ben lontano dal rischio, tranne una categoria di persone che nel rischio è “immerso fino al collo”: l’imprenditore! Ne parlavamo QUI sul nostro blog.
Ma torniamo al nostro Apollo 11
Coloro che per primi imbastirono il progetto Apollo cercarono di mettere “su carta” un sogno, delineando il più grande piano di risk management della storia dell’uomo.
Come ha osservato lo scrittore Andrew Chaikin nel suo libro A Man on the Moon, (Penguin Books, 1994) “quando si mettono uomini su un razzo lungo circa 120 metri, che brucia 15 tonnellate al secondo di propellente altamente esplosivo, usando regoli calcolatori per mandarli in un posto in cui c’è una differenza di temperatura di 450 gradi tra giorno e notte, va da sé che è meglio avere messo in atto qualche protocollo di gestione del rischio piuttosto robusto”.
Ecco appunto, sognare ad occhi aperti è magnifico. Ma non basta per andarseli a prendere.
La chiave del successo
Se vi dicessi che il computer che equipaggiava l’Apollo 11 elaborava 41 operazioni al secondo probabilmente il dato non vi direbbe niente.
Ma ora vi dirò quante ne elabora uno smartphone dei nostri giorni nello stesso tempo: 3,36 miliardi.
Proprio cosi: il computer che quei signori astronauti utilizzavano aveva la potenza grosso modo di una macchinetta del caffè. Possiamo ragionevolmente dire che la tecnologia di quei tempi non era il punto di forza. Ma allora qual è stata la chiave, la carta vincente che ha permesso alla missione di uscire vittoriosa dal mare degli inconvenienti possibili.
La gestione dei rischi.
La disciplina del risk management trae forte impulso proprio dal settore aerospaziale ove le possibilità e i margini di manovra per rimediare ad eventi imprevisti è ridottissimo e in ballo ci sono vite umane.
I problemi da affrontare erano vari e in un numero sconfinato, i team della NASA riuscirono a risolvere sistematicamente e metodicamente ciascuno di essi, spesso in parallelo e in tempo reale e a riportare gli astronauti a terra sani e salvi, e tutto questo con la tecnologia disponibile negli anni Sessanta.
George Low, Engineering Manager della NASA, descrisse l’approccio come caratterizzato da “un’attenzione meticolosa e scrupolosa ai dettagli, dove nessun cambiamento era troppo piccolo per meritare considerazione, nessuna anomalia troppo trascurabile per essere capita.”
Se ogni parte della navicella Apollo avesse funzionato con un’affidabilità del 99,9% (che era l’obiettivo della NASA), si sarebbero comunque verificati migliaia di guasti!
L’occasione oggi è per tutti gli imprenditori
Gestire la propria azienda (per fortuna) è meno rischioso che andare sulla luna utilizzando il computer della propria macchinetta del caffè, certo è che quando un evento non programmato mette a rischio il business dell’impresa abbiamo due strade:
- sperare che l’assicurazione funzioni
- essere pienamente in grado di reagire perché si è già pensato quali eventi potessero creare problemi e i metodi migliori e più economici per risolverli. (gestione del rischio)
Lo strumento giusto c’è e in Methis lo forniamo sotto forma di consulenza a tutti gli imprenditori illuminati che conoscono l’unico metodo per andare sulla luna senza dover dire: “Houston, abbiamo un problema”.
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